Avvalendosi spesso della stampa come medium per esecuzione dell’opera, posso chiederle quale tipologia predilige?

Tra quelle che ho provato ho adorato la stampa fine art a colori su carta torchon, anche se è estremamente delicata. Conferisce una tridimensionalità incredibile all’immagine.

Sono comunque sempre stata soddisfatta delle stampe che ho realizzato, anche della stampa su Baryta.

 

Prima l’idea o la fascinazione per il materiale? Ovvero, nasce prima il progetto artistico o questo le viene ispirato dalle tecniche, dalle lavorazioni particolari che l’hanno colpita?

Assolutamente prima l’idea, che è pura immagine nella mente. Spesso disegno su un quaderno queste immagini, per fissarle. Non mi definisco una fotografa, però utilizzo la macchina fotografica per rendere visibile ciò che mia mente prefigura. Di frequente sono ispirata dalla fotografia nei film.

Ha dei Maestri di riferimento a cui guarda, a cui si sente affine?

Diane Arbus, per la scelta di trattare temi controversi e di ritrarre persone altrimenti invisibili. Bruce Gilden perché cercava soggetti non belli secondo i canoni diffusi. Ammiro molto Stanley Kubrick regista per la potenza anche simbolica delle sue immagini.

Osservando e studiando i colori, la composizione e la scelta del viaggio come parte integrante dei tuoi progetti fotografici, i due collegamenti più forti e spontanei sono a mio avviso le inquadrature e gli ambienti del regista Kiarostami e le fotografie di Alex Webb.

È quasi naturale associare il tuo lavoro alla narrazione filmica per la sua forte connotazione documentaristica, certo, ma anche per questa spinta alla dimensione del racconto che non ha paura di trattenere a sé anche lunghi silenzi.

Inoltre trovo che le tue cromie e quelle di Alex Webb abbiano del substrato comune essendo così sature e vivide, quasi a ricordare il riflesso di un’immagine in una chiazza di petrolio.

Al contrario del fotografo americano i tuoi scatti fanno però coesistere la grande attenzione verso l’estetica alla più dolce e umana delle qualità, l’empatia.

Potresti raccontare di più riguardo questo particolare aspetto del tuo lavoro?

I soggetti che ritraggo sono per me un’occasione di riflessione sulla libertà e la diversità. Personalmente trovo straordinario il momento in cui li immortalo, così estremamente diversi tra loro per il loro aspetto e il loro vissuto.

Più di una volta mi sono sentita chiedere se il mio racconto, che utilizza pose costruite, fosse meno potente di un reportage spontaneo. Ma in realtà il pensare prima le pose mi permette di studiare per tempo le questioni sociali sottese alle situazioni che ritraggo, mi permette di conoscere meglio le persone ed entrare con loro in un rapporto più profondo, mi permette infine di rendere più potente, più simbolico il mio racconto, che altrimenti sarebbe più casuale. Non riesco più a lavorare diversamente, in effetti. 

 

Progetti futuri, entro fine giornata?

Sto lavorando a un difficile progetto in Giappone. Voglio raccontare le difficoltà delle persone che non riescono a entrare negli elevatissimi ed oppressivi standard di questa società, utilizzando un espediente narrativo che mi consenta di esprimere i sentimenti di persone che trovano difficoltoso farlo. Speriamo di riuscire a realizzarlo, è una bella sfida.

 

Biografia

Silvia Alessi

Fotografo

www.silviaalessi.com

Silvia Alessi (Bergamo, 1975) è hair stylist e make up artist. Ha cominciato a interessarsi di fotografia di reportage attraverso i viaggi che ha compiuto in gran parte dell’Asia a partire dal 2004.

Le esperienze che la hanno segnata di più sono state quelle in Arunachal Pradesh (India), in West Papua (Indonesia) e nel Pamir (Afghanistan).

Parallelamente alla passione per i viaggi ha sviluppato anche l’interesse per una fotografia che mescolasse l’espressività della fotografia artistica posata e la capacità di racconto tipica del reportage, per raccontare delle storie attraverso scatti creativi e contrasti visuali. Si tratta di una continua ricerca, che le ha dischiuso un universo. Infatti il suo modo di viaggiare è cambiato. Prima di partire passa moltissimo tempo a studiare questioni sociali e storie degne di essere raccontate in giro per il mondo. Ha conosciuto tantissime persone ed esperienze uniche, che ha disvelato nei suoi primi veri e propri progetti fotografici:

Skin Project, realizzato in India nel 2017 (ha ritratto alcune donne colpite dall’acido con una ragazza albina)

Beyond The Line, realizzato in Iraq nel 2018 (ha ritratto in una caserma un ragazzo omosessuale con una squadra di soldatesse peshmerga).

Oltre a questi, ha realizzato altri progetti sulle donne Yazidi dell’Iraq, sui lottatori di Kushti (antica lotta indiana), sui bambini vittime del secondo avvelenamento di Bhopal (India).

Ha avuto i seguenti riconoscimenti:

2017 – IPA Los Angeles – honorable mention

2018 – IPA one shot Los Angeles – honourable mention

2018 – Vite in Viaggio Verona – Premio speciale TCI

2018 – PX3 Paris – gold Press/Travel/Tourism

2018 – PX3 Paris – silver Portraiture

2018 – PX3 Paris – bronze Press

2018 – IPA Los Angeles – 4 honorable mentions

2018 – AAP San Francisco – Particular Merit Mention

2018 – MIFA Moscow – gold People/Family

2018 – MIFA Moscow – silver People

2018 – SIPA Siena – remarkable artwork

2018 – TIFA Tokyo – silver People/Family

2019 – MIFA Moscow – 3 honorable mentions

2019 – PX3 Paris – bronze Press / Feature Story

Alcuni suoi lavori sono stati stampati su riviste come Creative Image (India), Vredes Magazine (Olanda), Fit For Fun (Germania). Ha esposto a Milano, Verona, Bergamo e Berlino.