La seguente intervista è stata realizzata grazie alla disponibilità di Monique Gregory Settanni.
Che tipologia di stampa prediligeva Pino?
La maggior parte delle sue opere più importanti sono Kristal, ovvero stampe su carta fotografica messa a sandwich tra un pannello in plexiglas sul fronte e un pannello in Dbond sul retro.
È una lavorazione di stampa particolarmente adatta ai grandi formati, ne sono un esempio il ciclo di opere sulle donne di Kabul che sono arrivate ad avere dimensioni di 150x100cm.
Queste stampe sono state lasciate “a vivo”, senza cornice, con dei distanziatori che creano un effetto leggermente tridimensionale, staccando di qualche centimetro le immagini dal muro.
La stampa Lux-Art invece è stata utilizzata per realizzare le opere per la mostra romana organizzata dall’Istituto Luce-Cinecittà, evento che purtroppo Pino non è riuscito a vedere.
Prima l’idea o la fascinazione per il materiale? Ovvero, nasceva prima il progetto artistico/fotografico o questo gli veniva ispirato dalle tecniche, dalle lavorazioni particolari che l’avevano colpito?
Non saprei, ma posso dirle che quando Pino aveva un’idea in testa doveva realizzarla a tutti i costi. Era un uomo molto gentile, lo pensavano tutti, ma era anche molto fermo e determinato, duro a tratti, si potrebbe dire.
Non è mai esistito nulla che amasse più del suo lavoro.
Aveva dei Maestri di riferimento a cui guardava, a cui si sentiva affine?
Pino adorava Caravaggio e Rembrandt, i maestri della luce.
Caravaggio per lui era il massimo, un artista immenso che sapeva far emergere dall’ombra i suoi personaggi.
Questi pittori lo hanno ispirato anche per l’utilizzo del rosso e del nero, infatti sono colori molto ricorrenti nelle sue fotografie.
L’esempio migliore per capire la sua infinita ammirazione per questi grandi maestri è lo scatto che Pino fece a Monicelli, il primissimo piano con un drappo rosso sul capo, ritraendolo come fosse un monaco rinascimentale, un mistico del passato.
Osservando le opere di Pino ho notato la presenza di un dualismo sinergico tra i concetti di presentazione e rappresentazione, i quali generalmente originano differenti approcci al concetto stesso di Arte, ma che nel suo lavoro riescono a coesistere armoniosamente.
In “Tarocchi” vedo delle allegorie, dei quadri incuneati tra la tradizione delle Icone o delle miniature e la Transavanguardia.
Opere che esprimono l’essenza del messaggio dei Tarocchi attraverso l’intensa individualità dei personaggi che, come lo stesso Settanni sottolinea, sono persone reali, introdotte in una situazione esoterica e poi fotografate.
Se guardo “Ritratti in nero con oggetto” noto come Pino sia riuscito a fare un passo indietro con il preciso intento di porre il focus sui modelli dello scatto, accompagnati da oggetti-feticcio di loro scelta che, come sottolineature in un testo, vanno ad esaltare precise caratteristiche e inclinazioni dei protagonisti.
Infine Pino ha fatto la cosa a mio parere più difficile: fondere Arte e fotografia di reportage.
Nella serie “Kabul” troviamo degli scatti che presentano le donne Afghane nel tradizionale burqa, il quale però si liquefà, estendendosi come olio nell’acqua, amalgamando e coprendo ogni cosa.
Il contesto non è più né paesaggio né luogo, ora è composto solo da fluide macchie e sinuose pennellate di colore.
Monique potrebbe parlarci di Pino, di questo suo essere sospeso tra realtà fotografica e immaginazione, di come pensasse alla Fotografia, medium di mimesi del reale per eccellenza, per creare le suggestioni che ci ha donato?
A Pino interessava l’anima di una persona.
Ogni suo ritratto era frutto di lunghe sedute conoscitive, voleva instaurare un rapporto vero e sincero con le persone per aspettare La Fotografia, la giusta espressione, il momento rivelatore e scattava solo allora.
Ricordo che per il ritratto a Federico Fellini si creò una situazione quasi surreale: Pino era dietro la macchina fotografica in attesa di scattare e Fellini, intanto, stava disegnando Pino con delle matite colorate.
Si stavano ritraendo a vicenda.
Pino era un artista poliedrico, un pittore, un disegnatore con i colori del mediterraneo negli occhi, in fondo era Pugliese.
La serie dei Tarocchi ne è la prova, li ha disegnati tutti lui, dando forma a quelle che poi sarebbero diventate fotografie.
Inoltre Pino ha lavorato spesso per l’Esercito Italiano, come fotografo di guerra in varie spedizioni.
L’esperienza in Afghanistan, su tutte, l’ha fatto maturare moltissimo.
Le donne che ritraeva amavano il loro burqa, non lo vivevano come una prigione.
Erano capi di abbigliamento molto colorati che Pino ha poi lavorato e ritoccato al computer, finemente, per trasmettere ed enfatizzare la convinta eleganza delle donne di Kabul.
Ci sono in programma delle mostre, degli eventi sul lavoro di Pino Settanni?
Sperando il periodo migliori, dovrebbe essere in programma una mostra a Taranto , la sua città, per ricordare il suo lavoro a dieci anni dalla sua morte.
Sto inoltre scrivendo un libro per l’Istituto Luce-Cinecittà, in collaborazione con una giornalista della RAI, per raccontare Pino come uomo.
Ha avuto davvero una vita straordinaria che merita di essere raccontata.
Un libro sull’uomo che era, oltre all’artista che è stato.
Biografia
Pino Settanni
Fotografo/Artista
Pino Settanni
PINO SETTANNI, definito un pittore con la macchina fotografica, nasce a Grottaglie (Taranto) il 21 marzo 1949. A Taranto in quel periodo frequenta gli artisti della città ed inizia a coltivare e sviluppare il suo amore e il suo talento per la fotografia. In quegli anni inizia ad effettuare una serie straordinaria di fotografie nelle regioni del Sud Italia.
Nel 1973 si trasferisce a Roma per seguire definitivamente la sua vocazione artistica. Nel 1975 conosce la gallerista Monique Gregory che lo introduce nel mondo degli artisti di area romana.
Nel 1977 incontra il pittore Renato Guttuso, con il quale ha una profonda amicizia ed un lungo sodalizio artistico. In quel periodo realizza un interessante reportage per conto dell’Espresso sulla linea transiberiana in Siberia.
Dopo un breve soggiorno a Parigi, nel 1987 si stabilisce definitivamente nel suo studio di via di Ripetta a Roma dove realizza una straordinaria serie di ritratti di personaggi famosi e lavori di creazione artistica tra cui i “Segni dello Zodiaco“, i “Vizi Capitali“, i “Tarocchi“, l’”Alfabeto dei Francesi” commissionato dalla Maison Européenne de la Photographie (MEP) di Parigi.
Sempre sospeso tra la fotografia e la pittura realizza, nel corso degli anni Novanta, straordinarie manipolazioni pittoriche su stampe fotografiche. A cavallo fra il 2000 e il 2005 realizza inoltre interessanti reportage per conto dell’esercito italiano sulle guerre che vedono le truppe italiane impegnate nei Balcani e in Afghanistan.
Negli ultimi anni, affascinato dalle tecnologie digitali, elabora in modo assolutamente originale e creativo, le sue immagini fotografiche manipolando le forme in un’autentica esaltazione della luce dei colori.
Pino Settanni si spegne a Roma il 31 Agosto 2010.