Che tipologia di stampa predilige?

La mia pratica inizia in una camera oscura, in cui goffamente sperimentavo supporti diversi con  molti limiti tecnici, personali e strumentali. Nascevano stampe completamente sbagliate, che strappavo e gettavo ancora da fissare. In quella casualità dei fogli bagnati e sovrapposti origina probabilmente la mia pratica successiva: il collage, a sua volta seguito da una faticosa conquista della terza dimensione, con una serie di installazioni.
Questo lento processo ha finito per rendermi più libero nella scelta dei materiali. Utilizzo cartone, carta, alluminio, tela pittorica e persino muro, come nel caso del mio lavoro installato a Lunetta 11.  

Nel tempo ho deciso di delegare a professionisti specializzati le scelte tecnologiche, che meglio si adattano ai miei soggetti.
Parlando della mia fotografia, la mia scelta si è indirizzata su stampe di grande formato con tecnologia Lambda print e montate su Dibond, ma durante il lock-down ho potuto sperimentare la stampa Lux-Art di ChromaLuxe del Newlab di Brescia, dalla quale ho tratto risultati stupefacenti.

Devo ringraziare l’esimio collega Piero Mollica per il prezioso suggerimento.

Prima l’idea o la fascinazione per il materiale? Ovvero, nasce prima il progetto artistico/fotografico o questo le viene ispirato da delle tecniche, delle lavorazioni particolari che l’hanno colpita?

Assolutamente prima l’idea. Il materiale è solo il mezzo che conduce alla destinazione.
Credo che la bellezza possa essere in e con ogni materiale: la buona idea che sappia concretizzarsi con l’adeguata tecnica conduce alla bellezza.

 

Ha dei Maestri di riferimento a cui guarda, a cui si sente affine?

Dovrei stilare un elenco lungo mille pagine. 

Quello che nasce dalla pratica artistica è una speciale neutralità, una negazione della belligeranza, del confronto, della conflittualità e della competizione. 

Tutto il mondo è competitivo, è gara, è tempo, è risultato, è numero.
Penso la creazione come l’opposto di questo; al limite si negozia con l’idea perché sia lenta quanto vuole ad arrivare, ma più nuova possibile, che sia compenetrazione e non competizione. E allora, l’urgenza sta nel dichiararsi, nel mettersi a nudo facendo qualcosa di fisiologico, che non si può trattenere. Come quando scappa da matti e non importa dove e come, ma bisogna farla. Anche fuori dal vaso. In quell’urgenza c’è una liberazione, un sospiro, una rinnovata vitalità.

 
Tra i fotografi prediligo la genuina perfezione di Irving Penn, la narrazione di André Kertész, la spregiudicatezza e il coraggio di James Nachtway.
Ma voi non invidiate la metodicità di Ansel Adams? E la capacità compositiva di Giacomelli? La giocosa ironia di Elliott Erwitt?

E tra gli artisti che intorno al mio vivere hanno illustrato, dipinto, scolpito e disegnato, devo aver guardato Kurt Schwitters e alla potenza distruttiva del Dada, per poi essere tentato dalla forza gestuale e generativa, improvvisa, esplosiva di Cy Twombly.
Ma mi scopro nel cuore reminiscenze di Emilio Isgrò, di Antoni Tapies, di Alighiero Boetti, di Roman Opalka, di Hanne Darboven, di Marcel Broodthaers.
Mi sembra impossibile non averli di riferimento, impossibile non guardare, oltre a questi, mille altri.
L’affinità sta in una lenta processazione di contenuti liberi, appresi o incontrati, lasciati in fermentazione, di cui si sentono esalazioni più o meno tossiche, più o meno dolorose.
Ecco, forse di affine con i Maestri c’è il dolore dell’inadeguatezza, che rende ogni anima collegabile, nell’onestà della consapevolezza, fino alla più elettiva affinità.

Tempo fa passai accanto a delle stampe Lux-Art di dimensioni medio-grandi, in cui grovigli rossi di scritte in corsivo riempivano degli spazi, delle stanze, come enormi stendardi ricamati.

Erano alcuni lavori della sua serie “Sense Out”, iniziata nel 2005, così affini per estetica ai libri cuciti di Maria Lai, ma così lontani da questi per le intenzioni.

Se per la Lai impedire la decifrabilità della parola scritta attraverso il ricamo era un modo per collegare, giocare, rendere universale la comunicazione svuotandola dal suo significato univoco e donandole tante letture possibili, in “Sense Out” “il linguaggio diviene un suono senza senso per uditori sordi”.

Forse più vicini all’impenetrabilità delle pagine cancellate di Emilio Isgrò, le Sue opere riflettono e diventano metafora del fallimento della comunicazione di un sistema, quello museale, verso il suo pubblico.

Questi paragrafi di parole intraducibili, così ben disposti all’interno delle grandi sale espositive, mantengono compostezza e grazia, forse compensando così la loro laconica assenza di significato.

Mi chiedo se questo “Impero dei segni”, citando Barthes, sia davvero stato del tutto spogliato dalla ritualità dei suoi gesti, o se queste trame grafiche hanno mantenuto per Lei un significato, magari una memoria, o una promessa di speranza.

Sono lusingato del filo rosso che la porta da me a Emilio Isgrò ed a Maria Lai. Entrambi conversano con la Natura e con gli animali, si assoggettano alla loro infinita poesia, ne tessono i suoni e le azioni.
Da sempre cerco contatto con la Natura, non riesco a starne lontano e quando sono in casa, i miei cani segnano la liaison.
L’essere umano esibisce il linguaggio ed una maggiore presa di coscienza quali caratteri distintivi rispetto agli animali; dal punto di vista biologico sono elementi di una forte relatività.
Spesso poi, il nostro linguaggio è impreciso, inopportuno, erroneo, stereotipato, misterioso, impenetrabile, incontrollabile, collerico, fuorviante, ipocrita. La pandemia è un esempio evidente di quanto il linguaggio possa diventare strumentale e fazioso.

La mia scrittura automatica “Sense Out” origina dalle conversazioni e dai confronti con oltre 150 artisti, in cui emerge con significativa frequenza uno scollamento tra i contenuti concettuali propri dell’artista e quelli espressi a turno dalla critica. Non raramente il linguaggio critico finisce per costituire una rete intricata e impenetrabile tra opera e osservatore, complicando una fruizione altrimenti diretta.

Da questo complesso reticolo di virtuosismi lessicali, che sbilancia la relazione opera/osservatore, mi immagino il linguaggio nell’urgente necessità di conquistare un ruolo, avendo appena perso quello nativo di comunicare: lo trasformo in segno, traccia, elettrocardiogramma; fisico e impetuoso, ricopre, decora, urta, ingarbuglia.

I contenuti, sempre presenti, sono generalmente riconducibili alla situazione della sessione fotografica durante  la quale mi trovo calato in spazi silenziosi e sospesi, con dimensioni altre e altri contenuti, come in un mondo parallelo, fatto di bianchi candidi e voci distorte ed echeggianti, in ogni lingua e con ogni contenuto.

Si risolvono in una rete inestricabile, legati dal gesto continuo e, da poco dopo l’esecuzione, si negheranno anche a me, proprio come fa il nostro stesso linguaggio, quando esce incontrollato e dirompente, tradendo le più genuine intenzioni del mandante per piantarsi nella carne del destinatario.
Un dolore sotteso, forse involontario, senza colpa, ma pur sempre il dolore di chi non ha capito e di chi non viene capito.
Della speranza non so, ci sono cose più grandi da sperare. E mai vorrei essere colui che promette speranza: se fossi davvero decisivo, prometterei comprensione.

Progetti futuri?

Sto lavorando alla pubblicazione di un libro di fotografia pura, reportage di una permanenza in Moldavia. Sarà la narrazione di una storia comune a molte persone dell’est Europa, che si trovano a dover migrare e ricostruire la loro vita a distanza, come in un triste copia e incolla, pervase di inadeguatezza e  smarrimento.

 

Biografia

Max Tomasinelli

Artista

www.maxtomasinelli.com

@maxtomasinelli

max@maxtomasinelli.com

Max Tomasinelli

È NATO A TORINO NEL 1971. DOPO GLI STUDI ALL’ISTITUTO ITALIANO DI FOTOGRAFIA DI MILANO, LAVORA IN CAMPO COMMERCIALE, ESEGUENDO CAMPAGNE PUBBLICITARIE E PUBBLICANDO SU TESTATE ITALIANE E INTERNAZIONALI. (GQ, UOMO VOGUE, ELLE, MOOD, COLLEZIONI TREND, SPACE CHINA, DISENO INTERIOR, UTET, ARCDESIGN).

DAL 2005 RITRAE FAMOSI ARTISTI – COLLABORA CON MODERN PAINTER, ARTE, ELLE DÉCOR, CHARTA – E INIZIA UNA PROPRIA RICERCA PERSONALE, CHE LO PORTA A ESPORRE NEL 2008 AL MUSEO DELLA FOTOGRAFIA DI MOUGINS, ACCANTO A GABRIELE BASILICO.

IL SUO LAVORO INDAGA IL LINGUAGGIO E LA DIFFICOLTÀ DI COMUNICAZIONE, ESPRIMENDOSI ATTRAVERSO LA FOTOGRAFIA, IL COLLAGE, IL DISEGNO E L’INSTALLAZIONE.

TRA IL 2009 E IL 2012 VIVE A BRUXELLES, DOVE PRESENTA UNA PERSONALE ALLA GALLERIA “ARTECONTEMPORANEA” E INIZIA COLLABORAZIONI CON ARTISTI DELL’ACADEMIE ROYALE DES BEAUX-ARTS.

NEL 2014 SI SPOSTA A LONDRA PER COLLABORARE CON ALCUNI ARTISTI DELLA SELEZIONE SAATCHI.

NEL 2015 È SELEZIONATO DA “LA NAPOULE ART FOUNDATION” PER UN TRIMESTRE DI RESIDENZA PRESSO IL CASTELLO DI LA NAPOULE A MANDELIEU E NEL MAGGIO DELLO STESSO ANNO È ARTISTA OSPITE DELLA NATIONAL ACADEMY SCHOOL DI NEW YORK. 

NEL 2016 E 2017 È ARTISTA IN RESIDENZA PRESSO IL MONASTERO FRANCESE DI SAORGE, DOVE SCRIVE LA PRIMA SCENEGGIATURA DEL DOCU-FIL “FUORI ONDA”.
NEL 2017 PROGETTA LA MOSTRA “SENSE OUT”, PROMOSSA DAL DIRETTORE LE MAGOAROU, PER L’ABBAZIA CISTERCENSE DI LE THORONET E PARTECIPA ALLA COLLETTIVA “RICORDI FUTURI” AL POLO MUSEALE DEL ‘900 A TORINO E ALLA COLLETTIVA “IL SEGNO DELLA MEMORIA” PRESSO IL PARLAMENTO EUROPEO DI BRUXELLES.

DAL 2016 AL 2018 IDEA, DIRIGE LA FOTOGRAFIA E PRESENTA IL DOCU-FILM SULLA STORIA DEI CANTIERI NAVALI DI PIETRA LIGURE “FUORI ONDA”, PER LA REGIA DI NICOLETTA POLLEDRO, CHE SI COMPLETA NEL MAGGIO DEL 2019 CON UNA MOSTRA PATROCINATA DAL COMUNE DI GENOVA, DALLA PROVINCIA E DALLA REGIONE LIGURIA PRESSO IL MUSEO DELLA COMMENDA DI PRÉ.

NEL 2019 AGNESE LOVECCHIO CURA LE DUE ESPOSIZIONI ALLA GALLERIA ZABERT DI TORINO E ALLA GALLERIA ANTONINI DI ROMA.

NEL 2020 NASCE IL SUO PRIMO ED UNICO CAPOLAVORO IN COLLABORAZIONE CON SARA BARBIERI: IL PICCOLO NERI TOMASINELLI.

 

Mostre personali

  • “Chi illumina la grande notte” – Galleria Lunetta 11 – Mombarcaro, CN  june 19th – sept 30th, 2021
  • “Prospettive” – GammaCapitalMarkets – Piazza Cln, Turin,  sep 20th 2020 – nov 8th, 2021
  • “Dans l’eau sale” – Francesca Antonini Gallery – Rome,  sep 25th 2019 – oct 26th, 2019
  • “Vis à vis” – Zabert Gallery – Turin,  maj 14th – june 28th, 2019
  • “È l’ora per amare parole” – Eleutheros Gallery– Albissola, June 21th – july 30th, 2016
  • “Trame e me” – SpaceNoMore – Palazzo Granieri della Roccia, Turin, oct 21st – nov 8th, 2015
  • “Parole dimenticate a memoria” – Verduno Royal Castle, Verduno, sept. 6th – 22nd,  2015
  • “SENSE OUT” – Internocortile Gallery, Turin, oct-nov 2013
  • “MOT DIT – Sense Out à Bruxelles” – Galleria Artecontemporanea, Bruxelles, june-sept. 2011
  • “SENSE OUT – an artist’s book” – Allegretti Gallery, Turin, nov. 2010
  • “MoltepliciUnici” – Machè, Turin, may-june 2009
  • “SENSE OUT – sens aut” – PHOTO35 Gallery, Turin, april-may 2007 
  • “Photodistorzjia 2005”, Maximilianus Gallery, Porec, Croatia, september 2005
  • “Myanmar: no freedom’s land”, reportage, Sandretto Re Rebaudengo Foundation, Turin, july 2003

 

Mostre collettive

  • “The trace of memory” – European Parliament – Bruxelles, jan 27th – march 9th, 2017
  • “Ricordi Futuri 2.0” – Museo del ‘900 – Torino, jan 24th – march 19th, 2017
  • “Muse of mirth” – La Napoule Art Foundation – Mandelieu, march 2015
  • “SENSE OUT” – The Others Fair – Internocortile Gallery, Turin, nov 2014
  • “C’est un livre? Une oeuvre d’art?” – ARTISCOPE Gallery, Bruxelles, nov 2011
  • “The kicking boot” Italian Art in London – Canary Wharf, 25-27 nov 2011
  • “15 artisti per Italia 150” – Officine Grandi Riparazioni, Turin, july 30 – august 30, 2011
  • “By-hand”, Palazzo Bertalazone di San Fermo, Turin, 2-10 october, 2009 
  • “Open to all”, Piazza Carignano, Turin, 2-30 october, 2009
  • “Regards sur l’architecture”,  MUSEE DE LA PHOTOGRAPHIE DE MOUGINS march 13 – april 20, 2008
    with Gabriele Basilico, Frédéric Hubert, Caroline Bach