Che tipologia di stampa prediligi?

Non ho una predilezione per un materiale in particolare, anche se ritengo che la stampa fotografica su materiali innovativi sia più facilmente adattabile ad usi commerciali, d’altro canto ci sono situazioni o progetti che non possono prescindere dall’utilizzo di materiali anche in considerazione dell’offerta data da nuove tecnologie.

 

 

Prima l’idea o la fascinazione per il materiale? Ovvero, nasce prima il progetto artistico/fotografico o questo ti viene ispirato dalle tecniche, dalle lavorazioni particolari che ti hanno colpito?

Per me è impossibile non partire dall’idea, chiaro che il materiale, il supporto contribuisce in modo rilevante alla resa anche concettuale, in termini di esaltazione, esplicazione, articolazione del messaggio, sia sul piano razionale che emozionale.

Riguardo la seconda parte della domanda  direi di no, ma è indubbio che conoscendo o provando la stampa su alcuni materiali sia accaduto che idee magari in attesa di sviluppo, o semplicemente archiviate nella memoria riaffiorassero alla mente come opportunità data dalla resa di un materiale di stampa.

Hai dei Maestri di riferimento a cui guardi, a cui ti senti affine?

Troppi per elencarli tutti senza scordarne alcuni, posso partire dal 1300? 🙂 Diciamo che per limitaci ai fotografi mi sentirei di citare,  Nadar, Marey, Stieglitz e Steichen, Evans e più vicini Diane Arbus e Freelander, Wolf, in Italia Broadbent, certamente Basilico, e M. V. Corradi, mi affascina molto la schiettezza di Guy Bordin…. Troppi?

 

 

Osservando i suoi lavori, soprattutto i ritratti, così definiti, con un gamma cromatica seicentesca e con così tanti riferimenti estetici alla storia dell’Arte, mi sono immediatamente tornati alla mente dei frame da video di Peter Greenaway e Bill Viola, così perfetti nella loro composizione oltre che nella scelta dei colori e i ritratti scattati da Annie Leiboviz, la quale è da sempre in grado di caratterizzare i soggetti fotografati, sia immortalandone la gestualità che attraverso la creazione di un set in grado di esaltarne l’unicità personale.

Avendo menzionato la Leibovitz non posso non riportare questo estratto dal Saggio “Sulla Fotografia” di Susan Sontag, la quale trascrive il seguente pensiero di Richard Avedon, altro grande ritrattista:

“…spesso penso che vengono da me a farsi fotografare come andrebbero da un medico o da un indovino per scoprire come sono, perciò dipendono da me, io devo conquistarli, altrimenti non ho niente da fotografare, la concentrazione deve partire da me e coinvolgerli: a volte la sua forza è tale che non si sentono neanche i rumori, il tempo si ferma. Viviamo un breve, intenso periodo di intimità, ma è immeritato, non ha un passato nè un futuro, e quando la posa è finita – quando la fotografia è fatta – non resta più niente, se non appunto la fotografia”.

Si riconosce in questa concezione o la considera troppo nostalgica e malinconica? 

Ci conosciamo da così poco e mi ha già scoperto! Ha citato artisti la cui visione mi ha sempre affascinato,  ma ci sono differenze: Viola e Greenaway sono su un altro pianeta, mentre trovo superbo tecnicamente il lavoro di Annie Leibovitz, meno sul piano concettuale.  Il tono seicentesco esprime una malinconia che mi appartiene. La fotografia è statica e silenziosa, questa è la sua forza, io uso la luce e il colore, o il contrasto nel BiancoNero, combinandoli come fossero il timbro musicale della colonna sonora di un film, ma ogni volta è un tentativo, se è riuscito lo diranno altri. 

 

Progetti futuri?

Domani, domani è un altro giorno, … 

 

 

Biografia

Eros Mauroner

Fotografo