Che tipologia di stampa predilige?

Non ho una particolare predilezione verso un tipo di stampa ma posso dire di avere una certa antipatia verso il plexiglas.

Generalmente utilizzo stampe su carta lucida successivamente plastificate opache e montate su Dbond; questo mi permette di presentare le mie opere anche in formati molto grandi, senza problemi.

Prima l’idea o la fascinazione per il materiale? Ovvero, nasce prima il progetto artistico/fotografico o questo le viene ispirato dalle tecniche, dalle lavorazioni particolari che l’ hanno colpita?

Il materiale su cui viene stampato lo scatto non cambia la natura della fotografia, tutto dipende dalla destinazione e la finalità, dove la stampa verrà collocata.

Lavoro spesso in un’ottica “Site-Specific”.

 

Ha dei Maestri di riferimento a cui guarda, a cui si sente affine?

Sono un artista autodidatta ma spesso scrivono dei miei lavori citando Magritte, Dalì, Ernst e addirittura Mirò.

Ricordo inoltre l’insegnamento del mio professore di fotografia in Olanda che ci diceva sempre: “Usate una sola luce. In natura il sole è uno”.

Con il digitale mi sono arrangiato da solo, all’inizio era un disastro! Ai miei tempi, quando ho iniziato a scattare, nemmeno esisteva il digitale. Ma con la costanza ho capito che per impadronirsi di una tecnica, per quanto lontana da noi, non bisogna imparare le cose a memoria ma capirne la logica. Solo così ci si potrà impadronire del mezzo, con la pratica e la personalizzazione.

 

In molti dei suoi scatti di ispirazione surrealista ritroviamo un animale ricorrente, la zebra.

Da sola o in gruppi, popola gli ambienti più disparati, dalle piazze alle chiese fino a ritrovarle dentro modernissimi appartamenti.

Incuriosita riguardo la scelta di questo animale, ho scoperto un fatto curioso. 

Secondo recenti studi infatti, il manto bianco e nero della zebra è così particolare per non rendersi visibile agli occhi della mosca Tze-Tze, portatrice del parassita che causa la malattia del sonno (Tripanosomiasi), il cui sintomo principale è una sonnolenza letargica e profonda.

Trovo dell’ironia poetica in tutto ciò.

La zebra che popola scatti tratti dal surreale, dall’onirico, diventa simbolo e guardiano della veglia.

Forse un indizio alla David Lynch che ci avverte attraverso lo stupore generato dalla sua visione.

Come sceglie quale animale sarà il protagonista del suo prossimo scatto?

Tutti gli animali li ho fotografati visitando zoo in giro per il mondo ed anche gli ambienti, gli oggetti presenti nelle mie fotografie sono frutto di scatti personali.

Componendo le foto provo ad inserire gli attori del mio bestiario nei vari luoghi e scelgo quello che si amalgama meglio.

La zebra è l’animale che genera sempre più curiosità nello spettatore, tantissime volte mi è stato chiesto: “Perché la zebra?”.

La zebra è già di per sé un animale surreale, no? Le sue strisce sono come un’impronta digitale, non esistono due esemplari con lo stesso manto.

Oltre che surrealistico è anche un animale grafico, fashion, sta benissimo nelle fotografie, tant’è che molti capi di moda si ispirano a lei.

Tutto questo lavoro crea scene nate dall’accostamento di elementi reali che sfociano nell’irrealtà.

L’irreale realtà, come il titolo della mia mostra al Palazzo Ducale di Massa.

 

 

 

Progetti futuri?

Tutti i giorni ho dei progetti, e tutte le mattine! Il cambiamento è vitale, fertile, anche per la creatività.

Basti pensare che lavoro per giorni su una singola fotografia perché ogni giorno cambio qualcosa al suo interno.

 

Biografia

Bart Herreman

Artista-Fotografo

www.bartherreman.it

@herreman_bart

Bart Herreman, belga di nascita e milanese d’adozione, ci invita con intelligenza e gusto a superare l’immagine poetica e la messa in scena per risalire alle verità che si celano dietro i suoi scatti e le sue composizioni. Bart Herreman scompone e ricompone elementi e soggetti reali per restituirli allo spettatore in una nuova dimensione.

Bart inizia la sua carriera fotografica alla fine degli anni Sessanta: moda, reportage, arredamento, architettura e still life rappresentano per anni i suoi ambiti di ripresa. Senza mai trascurare altre passioni quali la pittura e la musica – Bart doma benissimo pianoforte, chitarra e clarinetto – con l’avvento della fotografia digitale la sua ricerca artistica si è concentrata su un mondo di fantasia, di ascendenza onirico surrealista. Sono luoghi improbabili e momenti quotidiani frequentati da personaggi curiosi, oggetti inusuali e animali esotici.